[UNIVERSITÀ DI PADOVA ; Ist. di Fil. del Diritto e di Diritto Comparato O l 0, .... i • . Ai. o -V. /% ENRICO CATELLANI GIAN DOMENICO ROMAGNOSI Università di Padova I S T I T u T O di FILOSOFIA DEL DIRITTO e di diritto comparato VENEZIA Premiate Officine Grafiche Carlo Ferrari 1935 - (Anno XIII e. f.) , “N w.. A crlV GIAN DOMENICO GOMMINOSI VENEZIA Premiate Officine Grafiche Carlo Ferrari 1935 - (Anno XIII k. r>) Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti Anno accademico 1934-935 - Tomo XC'IV - Parte seconda (Adunanza ordinaria del giorno 18 giugno 1935) GIAIV - 1 > 031 E NI C O R O 31 A G N O SI . .y/rs/<- /// . , y/'r/yy/s /-' */// #s/ff4/ . . %a y,//.!////,'?•,- '■ .j2/'/‘f.^fjy4t/rr ■ d' e//far /.//£/• /><*/£/>. • /£«✓/,•*>/ ,/•/ f /rr/Y//,■//,// ./// Jry////*.' Ar/n/f s////t f/tt / j^S/it/nr y///ff •*•/■■/?.»/&•. '/>//. ///. / /■/£/■/s//Ya / /rY%'/rs/’ r/'ys.•' s/.f-y//if/r (//,. ’f/t/w /J Yj//sy/.< u j'J.v L Prima del predominio francese 11 centenario dtiHà scomparsa di chi abbia goduto durante, la vita molta rinomanza od abbia esercitata molta influenza sui con¬ tempo rana i> è più opportuno per una eorrraiemomzione del cente¬ nario dalla nascita. Il pili l un go periodo di tempo trascorso dalla tìcompaMa del commemorato, fa si che il giudizi© ne possa essere pili sereno e resti immune dall’influenza dell'esagerato entusiasmo o della par ti gialla avversione dei contemporanei ; ohe una effimera parvenza di gloria sia già svanita, o che ili un ingiusto oblio possa già farsi giustizia ; e che le passioni determinanti quella o questo essendosi calmate, possa determinarsi nella posterità una perfetta serenità di indagine eri ima perfetta obbiettività di giudizio. Ciò è vero tanto piu quando si tratti di ricordare ehi sia. come Gian¬ domenico Romagnoli (nato rii dicembre 176J e morto VB giugno 1835). vissuto in un'epoca i cui successivi periodi siano stati contrad¬ distinti da ima perfetta antitosi di pensiero e di azione ( L ). Giandomenico Roma gnosi ebbe la fortuna di appartenere ad (l) Da Aio Mi strali , Gìavdxnmnkc lio/no gno.fi, marfo'n ddlu libertà tVm- Lmna, ‘prefMr&orè ddrideà jmeialt moderna. Un voi. proceduto da un saggio di Agostino Iìcrcnini, Borgo S. Bdimino, Vorderi. 1.907» pttsi. 8*1-0. E CATELLAN3 (2) 4M una famiglia molto stimata h! agi a (ai e la sua adolescenza trascorse tranquilla, quantunque im p-> tormentata dalla troppo «evm dkci- p lm n patema. Il padre, dottor Bernardino, abilitato al notariato, era uomo colto: e fu Podestà nei feudi di Dal niella, Scipione, Balso- maggk>re e Montebello ; fu Commissario pn-sso le Saline ili Salsomag¬ giore ed infine delegato numerale a Piacenti. DaU'iindecimo al quat¬ tordicesimo anno di età Giandomenico Romagnoli frequeotò il ginnasio dei Gesuiti di Borgo San Donnino, e poi entrò ne! Col¬ legio Àlberoni di Piacenza che lanciò m ira u tu uno del 1781 conser¬ vando poi per tutto k vita affetto e riconoscenza per quei sucri maestri* Àncora quarantanni dopo, il settembre 1821, egli dedi¬ cava » ai signori delta Missione Direttori de! Collegio Alberimi -, lo studio " Dello insegnamento primitivo delle matematiche » con quelite parole: « Io dedico a Voi questo tenue mio lavoro per pro¬ fessare si al pubblico che a Voi quella gratitudine che ho sempre sentito e ohe sento ancora vivissima nel l'età mia inni tratti, per l'edu nazione ricevuta in codesto Collegio e per E a aiti ore volala veramente paterna colla quale trattati- i Vostri alunni 1 ( l ). In quel Collegio ebbe compagno ed umico Melchiorre Gioia col quale serbò mw co¬ stante e costantemente ricambiata amicizia : t. coltivò con pas¬ sione lo studio della filosofia, dedicandosi nel tempo a tosso con puri entusiasmo a quelli delle ma temati che e della fisica. Di questi ultimi studi fu così appassionato da (“) esperimento re «»u se stesso il fluido elettrico croi tanto ardire ohe più volte i compagni dovettero sollevarlo stordito dal suolo per le polenti scosse ricevute Du¬ rante le vacanze trasformava la propria stanza in camera ottica per studiare ì fenomeni luminosi ; e non ai peritava di figgere lo sguardo nel sole fino a rimanerne abbagliato u. Questo ini drizzo degli studi giovanili riuscì dì gru ride utilità a tutta la sua vita intellettuale. rafforzando in lui quel vigore di logica, e quella ripugnanza dalle conclusioni arbitrarie ed affrettate clic hanno molto contribuito ai prègi dell'opera sua. Per la teologia dogmatica sentiva invece una istintiva ripugnanza (*), e si adat¬ ti) Romaonori. Qp & r ., Edizione Milane (Di> Giorgi), Voi. I, parte 1 ì, pag. Li03, (2) Mi strali, Ojz oit„ pag. 12-14* (2) L. e., pag. U . (8) GIAN DOMlìMCli ROMAGNOLI 409 tiLvii. m l Gc^npat^jH? vitalità per k preparazióne agli esalili. che però anche in tale materia riusciva a, superare fra i primi. Nel l'autunno del 1781. poco dopo essere uscito dal Collegio. si iscrisse come studente alla Università, di Parma dove ri laureò in gì li riaprii deliba i’8 agosto 17 Sii. TI 30 dicembre dello stesso a imo fu iscritto al Collegio dei Notaj di Piacenza, presso ]'Archivio del quale non colise^ati undici suoi rogiti datati dal 24 novembre 1787 al 20 luglio 1789, e l’Atto rii cankìtme prestata a favor suo da un canonico suo aio paterno. Allora» seguendo il consiglio (.li un suo fido amico, il Branneri, si iscriveva alla i Società letterària^ rii Pk- cenza fondata ci rupie anni prima ; e nella Seduta pubblica del 23 giugno 1780 vi leggeva un « Discorso sulTamore delle donne come motore precipuo della iegislaZtoiiv ■>, che fu pubblicato a Trento net 1792. Scrisse e pubblicò pure componimenti poetici ; ma anche que¬ sti gli furono occasione a giudicare obbiettivamente sè stesso come sapeva giudicare gii altri, perchè riconosceva di essere un mediocre verseggiatore e dichiarava di coltivare la letteratura poetica sol¬ tanto Como una ginnastica- letteraria, « Se io leggerò poeti e com¬ porrò versi i), scriveva il 26 maggio 1.791 all'amico Brani ieri. i versi e i discorsi 11 11 ’ >•■ Amor delle donne » aggiungeva : ii le sono cose che non meritano di essere ricordate » ; e invece si compiaceva dellopera di maggior rilievo sui « giudizi del pubblico» rii e. dopo averne smarrito il manoscritto, rifece eoi titolo •• Delle leggi della umana perfettibilità per servire ai progressi delle léggi, del le scienze e delie arti » (*). Nella stessa corrispondenza son ricordate le circostanze della sua nomina a pretore di Trento (■) ; e all’amico suo dichiarava che ( 3 ) Ho.mag prosi* Qp&M 4 voi. VI. ì I. |jart i I f. Supplemento al VpL 1 h 5(662* (2} V, A’NTOblO Monti, PéwBiéro c Azione : Cattaneo - Mazzini Rama¬ gli mi t Milano» Corhatvio, ]926, pag, 223-270:, Romagnóai, 470 E. CATELLANI ( 4 ) « non sapeva nè di Trento nè di Pretura », quando l’amico Silvani nel 1789 lo esortò ad accondiscendere a che il suo nome venisse in¬ cluso nella terna da presentare al Principe Vescovo di Trento ( l ), Pier Vigilio dei Conti di Thun. I concorrenti furono tre e venne pre¬ ferito ed eletto il Conte Francesco Valdrighi ; ma, dopo trascorso l’anno per il quale questo era stato nominato, Romagnosi, esortato di nuovo dal Silvani a ripresentare la sua candidatura, riusciva eletto e prendeva possesso nel settembre del 1791 della Pretura di Trento, nella quale era riconfermato per un secondo anno restandovi in carica fino all’autunno del 1793 ( 2 ). Nel primo periodo di questo suo ufficio egli non era contento del nuovo soggiorno e manifestava nella corrispondenza con gli amici una melanconica nostalgia ; ma in breve riusciva ad acclimatarsi, così da finire per considerare Trento quasi la propria città. Nel corso della sua magistratura egli, sfrut¬ tando la propria dottrina filosofica e giuridica e il proprio abito men¬ tale di idealista immune da ogni esagerazione di utopia, si dimostrava giusto e mite nei suoi responsi ed esplicava nelle vertenze uno spi- tiro efficacemente conciliativo. Quando fu trascorso tutto il periodo del suo ufficio di Pretore, egli rimase a Trento esercitandovi l’avvo¬ catura ; ed in riconoscimento del servigio prestatovi come magi¬ strato, era creato dal Principe Vescovo, Consigliere Aulico con Pa¬ tente del 6 maggio 1793, che lo qualificava « virum ingenio, doctrina, multiplicique eruditione insignem aliisque praeclari animi doti bus ornatum ». Nel 1796, nella imminenza della prima invasione francese, diede saggi consigli ai Trentini circa il modo di ottenere patti onorevoli di capitolazione. Quando il Tirolo tornò nel 1799 sotto il dominio austriaco, egli fu, in seguito a privata denuncia, imputato di delin¬ quenza politica e imprigionato ad Innsbruck ; ma, risultata dal processo la sua innocenza, venne assolto mentre era esiliato il suo calunniatore ( 3 ). (1) Pag. 225-226. (2) Il prof. Alessandro Levi nel suo molto pregevole studio su Romagnosi testé pubblicato ( Romagnosi , Roma, Formiggini, 1935, Profili N. 125, pag. 39) afferma che è inesatta quella notizia data da alcuni biografi e che egli non fu confermato in carica come Pretore oltre l’anno statutario. (3) La Gazzetta di Rovereto (N. 63 del 1800) pubblicava la sentenza di assoluzione e il Decreto di esilio del « calunnioso istigatore ». ( 5 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOSI 471 Il suo ritorno era salutato festosamente dai trentini ed in onor suo era stampata a Rovereto una raccolta di versi col titolo : « Pel felice ritorno da Innsbruck dell’Il lustrissimo Signor Giandomenico Romagnosi ex Pretore di Trento e Consigliere Aulico d’onore di S. A. Reverendissima il Vescovo di Trento, a significazione di sin¬ cero giubilo della innocenza riconosciuta, si pubblicano le seguenti poesie : Rovereto 1800 ». Dopo l’assoluzione, Melchiorre Cesarotti aveva dettata in onor suo la seguente epigrafe che giunse a Rovereto troppo tardi per poter essere compresa in quella pubblicazione : JOANNE DOMINICO ROMAGNOSI DOCTRINA ET MORIBUS SPECTATISSIMO PATRIAE, GLORIAE, AMICIS BONIS PUBLICIS PRIVATISQUE COMMODIS RESTITUTO JUSTITIA ET INNO CENTI A EXULTA BUNDAE DE CALUMNIA DEBELLATA UTINAM ET IN PERPETUUM OPPRESSA TROPAEUM Più fortunato allora che non dovesse essere poi, egli otteneva così una completa riparazione della ingiustizia subita. II. Durante il Dominio Francese. Tornato quel territorio in potere dei Francesi, Romagnosi fu chiamato a far parte del Consiglio Superiore nel Governo provvi¬ sorio del Trentino e del Tirolo meridionale costituito a Trento il 9 gennaio 1801. A quel Consiglio egli prestò, come segretario, una collaborazione molto importante disimpegnando le sue mansioni con giustizia e con moderazione e salvando anche dalla pena capitale quattro imputati di intelligenza col nemico. Così si iniziava un pe¬ riodo fecondo della sua attività di uomo politico, di maestro del diritto e di legislatore. Anche fra le molte occupazioni e preoccupazioni però, egli non trascurava quegli studi scientifici che tanto lo avevano interessato durante i primi anni giovanili e che tanto contribuirono E. CATELLAXI 472 ff>) al ano sviluppo mentale ed al prudente e sicuro indirizzo del suo pensiero* Nel 1802 speri menta va In influenza della corrente elettrica sul- Fugo magnetico, riuscendo ad int-mvvedere cosi quel principio die sedici anni dopo Oersted doveu dimostrare* Delle sue ricer- cliv dava notizia la Gazzetta di Rovereto del 3 Agosto 1802, e T a ricòrdo di tali esperimenti, e stata scolpita venti anni dopo nel Col¬ legio Àlberoni di Piacenza questa epigrafe dettata da Pietro Giordani : GIAKDOMFiNICO ROMÀONOftt ALUNNO IH QUESTO COLI MOW VÌIHi IN TitUSTrt NK1, 1803 IC PUBBLICÒ DECLINANTE I.' AGO M \ fa N ETICO FKfl CSA COKU ENTE GALVANICA NK A TANTA novità FU POSTO MENTE OTSCJlfc VENTICINQUE ANNI ATF'R.EKS<> QUASI PRIMO TROVATORE NE VENNE LOlUmSlAIO IL DANESE 0 MUST FOT, (9 Il 9 Ottobre 1802 moriva il Duca Ferdinando di Parma, e Na¬ poleone ordinava, roccuimzionc del territorio di quel Ducato, mentre Romagnosi trova.va.si a Piacenza e stava per ritornare- a Trento. Non appena egli ebbe notizia di quegli avvenimenti* fece senza in¬ dugio pj a lidie presso d governatore francese degli Siati parmensi* Morenti de Saint Mery, per esser© assunto alla Guttadra di Diritto pubblico nella Università di Parma* Un Decreto del 29 Dicembre 1802 esaudiva Li sua domanda assegnandogli Pammo stipèndio dì Lire Rum. Egli iniziò Senza indugio 11 n sogna mento. sperimentando però quanto difficile riesca a ciascuno P essere profeta, iti patria : e vedendo la propria Scuola disertata dagli studenti. Il 28 Maggio 1804 egli scriveva a tale propòsito al Morenti : «. La esperienza mortili caute di una totale diserzione di scolari mi ha persuaso ab ba¬ stanza che sia miglior partito occuparsi a comporr© o stampar© die andar u mostrarsi alla Scuola per tornare indietro ©oli vergo- gnau (*j. (1) Cosi anche hi biografili de! ih Giorgi: V. Romàunosl Operi»; Ediz. Milano, Voi. VITI, parte II, 8uppjeni. al Voi, I, pag. 7 o Cusani Confa coni eri* Notizie storiate e hiogt'• di Firenze del 1826, fte! reni esimo anni versarlo di quel suo insegnaménto i posteri vollero riparare a Parma il torto fattogli dai contemporanei, con una solenne commemorazione affidata, ad Enrico De Al minia e colla pubblicazione di un 11 Numero Unico n al quale contiibiiìrouo.j col Berenini e col Laghi, professore di Diritto Intemazionale in quella Università, altri suite ooliti bora tori. Succeduto nel 1805 il nuovo Regno d’Italia alla Repubblica Cisalpina g avendo Napoleone deciso nello Statuto costituzionale ilei 5 Giugno di quell’anno di dare al Regno un particolare «.Sudice Penale, fa costituite una Commissione infarinate di compilarlo. Il progetto fu presentato il 0 Giugno 18UG al Gran Giudice, Ministro .Iella Giu¬ stìzia, conte fittosi, di Mirandola, già- dèi Direttorio Cisalpino, clic lo inviò per essane ai più illustri giureconsulti dello Stato, e tra. questa al Romagnolo a Parma accompagnando l'invio con queste paròle „ Vi trasmetto un Progetto di Codice Penale del Regno d’Italia che una Commisione 'li ginrei-unsidti. da me. a questo line ooStitmtB, mi ha preseli tato. La fama ilei vostri talenti analitici in questa ma¬ teria mi ila determinato di consultarli in questo importante trave h M 0 . Esaminatelo il più presto che potete. Vi sarò grato e amerò riconoscere in voi un aumento di quei diritti che vi siete già acqui- stati alla, pubblica considerazione». Poco dopo il Gran Giudice stimava necessario avere Romagnola a Milano « od oggetto di prestare i suoi lumi per la nuova skteBtaaioae del governo» ed egli vi si trasferivi.U’Ottobre del 1806 dimet¬ tendosi dalla Cattedra parmense di Diritto Pubblico. Il conte Uo« si proponeva di dar forma italiana alle nuove istituzioni amministra- tivù ,,l alla nuova legislazione. Perciò desiderava il rontrìbuto co¬ stante del Romagnosi consultandolo anche circa la istituzione della Corte di Cassazione e ilei Consiglio di Stato e facendolo cooperare a tutta la particolare legislazione del Regno. |1 ifi Dicembre di queU’anno Lo incuneava di proporre un pro¬ getto per la corte di Cassazione e ili oollaboraws alla preparazione 474 E. CATFLLANI m Hi mi progetto di Codice di Procedura Pene le in ima Coiti missione che fu da lui presieduta e della quale egli ha redatto i verbali, il Conte Luoaì voleva un progetto originai ituliana e nw tradotto di Codice di Procedura Penale; e. Romagnoli si adoperò per corrtisptìii- dere al suo desiderio che coincideva anche con le sue convinzioni ed aspirazioni. Approvalo il Progetto dalla Commissione* a lui no fu affidata la redazione definitiva ; ed anche questo compito egli assolse perfettamente, ottenendo 1 a.pprovazaone delPopera sua nelle di¬ scussioni del Consiglio dj Stato, Al termine delle discussioni egli In incaricato di ridurre in buona forma definitiva il Progetto di Codice, che dopo un nuovo essane fu promulgato e mes^p in vigore il 1° gennaio 1807. Tale opera legislativa fu molto lodata anche fuori d itali a, e notevole ne fu questo giudizio it i! Cambacerès, che lauta parte aveva avuta nella compilazione del Codice Napoleone : - Gli Italiani, la prima volta t-he hanno potuto far*' un codice, lo hanno fatto perfetto". Il solo ad ammetterne talune imperfezioni fu il Romagnoli che non era riuscito a far approvare un Codice dì Procedura Penale in l utto corrispondente al ano disegno. Non aveva potuto infatti ottenere 1 'adozione dèlia giuria e nò per eletto della contrarietà dello stesso Napoleone che dichiarava il 7 Giugno 1 m : ■■ Non ho creduto che h* stato d Italia mi permettesse di pentire a stabilire i giurati ; ma i giudici devono pronunciare come giurati dietro la sola convinzione e coscienza, senza abbandonarsi ad un sistema dì semi prove che gì menta l innocenza piu spesso che non valga a scoprire il delitto» f 1 ). Egli riusciva però a far escludere ria quel Codice le lettere règie (lettoes Ho cachet) ed a farvi ammettere ita. possibilità dulia riabili¬ tazione dei condannati, il titolo della revisione dei procedimenti, e^lii fornm rie! «mn. lignei* cioè del dubbio, necessario e sufficiente ai guidici w per non provocare o assoluzioni che fanno impallidire ° C01itiiiraie !:1hi ^ trjrj0 fremere, ed avvezzano sempre i giurati a con¬ trariare la loro coscienza » (-). Il IH gennaio dello sterni anno Romagnoli era nominato consti 1 tore al Ministero della Giustizia e il 18 Febbraio professore di Diritto (T) Mesfrali, op, eìt,. gag. 53, (3) \ , KoMAùNoyi. Veduti: fondamentali AulVarte. logica * GIAN DOMENICO ROMAGNOLI 475 m Civile nella Drriversità di Pavia, ufficio che tenne per diip anni, il primo colla delegazione di un sostituto alla scuola, ed il secondo im¬ partendovi effettivamente Pm&agnfLtnento che, iniziato con una pro¬ lusione nella (piale trattò ili ■> Quale sin. il governo pili adatto a. per¬ fezionare la legislazione civile fu continuato nel 1808 scegliendo per materia delta sua trattazione un confronto del Codice Civile francese col Diritto Romana. C3i era sialo affidato anche l'incarico di preparare un " Règolàffiento sugli studi politico-legali por tutto il Regno d’Italia u ori egli giudico che fosso necessaria la istituzione di uria (- Cattedra di alta legislazione per completare nei laureati la cultura nelle parti teoriche e pràtiche delle leggi a unni ni strati ve, economiche, politiche e di finanza ». 11 25 Novembre 18(38 era infatti istituita questa cattedra e nel Gennaio 1809 Romagnosi era chiamato ad occuparla, fn quell 7 istituto* fondato allo scopo di contribuire a alla preparaci One dei gin dici, dei giureconsulti e degli statisti fu¬ turi della Nazione » e stabilito nei locali delle mitiche scuole palatine ir piazza .Mercanti, egli ebbe una scuola frequentata da una media annuale di trenta uditoli già laureati : e gli fu assegnato uno stipendio annuo di lire 3000 cui altre 2000 sì aggiungevano per compenso di altri uffici. Nella, sua prelezione trattava «Del predominio ridia na¬ tura sul regime degli Stati, ossia, della legge fondamentale e perpetua della vita degli Stati u. E da. quella Cattedra Impartì per cinque anni 3 ’insegna mento, esercitando anche l’ufficio di Ispettore Superiore degli Studi giuridici. Non fu sua colpa se un successo pari a quello conseguito neh 1 " insegnameli lo e nelle altre parti della sua opera legislativa, non gli arrise nella, preparazione del Progetto di Codice Penale. Il Progetto, elaborato dalla prima Unni missione, venne affidato con Decreto del 30 Agosto 1808 ad un'altra Commissione composta; prima di quali or- dici e poi di sei membri, comprendendovi sempre il Rnmagnosi, Alla, pi-ima. sua formazione apparteneva anche il Professore Giuliani, in segnali te Diritto Criminale nella Università di Padova* Per effetto del ritardo frapposto alla pn tentazione al Governo del progetto definitivo, ritardo dovuto in gran parie al desiderio di conseguire la perfezione che ispirava il Guardasigilli Luosn Napoleone non volle piu attendere e decise che fosse messo in vigore anche in Italia it Codice Penale francese, il che si fece nel 1.811 senza poter utilizzare molti perfezionament i che, in buona parte per merito di Romagnoli» 476 E. CATELLANI (10) erano stati arrecati al Progetto Italiano. Tutto ciò costringeva Ro- magnosi a riprendere in esame il suo Codice di Procedura Penale per modificarlo in quanto era necessario a metterlo in armonia col Codice Penale Francese entrato in vigore. Il Direttore Generale della Pubblica Istruzione, con Dispaccio Ministeriale del 18 Febbraio 1811 aveva incaricato Romagnosi di preparare un Progetto di «Giornale di Giurisprudenza» che « illustrasse le nuove leggi e la loro applicazione ». Al principio del seguente mese Romagnosi assolveva anche questo compito, sicché la pubblicazione del «Giornale» poteva iniziarsi nel Dicembre, continuando poi, con una serie di otto volumi e due fascicoli, dal 1811 al 1814, cioè per tutto il resto della esistenza del Regno italico. Se nella compilazione del Progetto di Codice di procedura penale avesse avuto mano libera, molti perfezionamenti semplificanti la pro¬ cedura e i ricorsi e le revisioni dei giudizii sarebbero stati apportati al diritto positivo : fra questi la adozione della stenografia nel pro¬ cesso criminale pubblico ( 1 ). Tanto vario ed intenso lavoro comprometteva la salute del Ro¬ magnosi che il 19 Aprile 1812 veniva colpito da un attacco di emi¬ plegia paralizzante il lato destro, attacco dalle cui conseguenze po¬ teva solo in parte riaversi al principio del seguente anno, restandogli però per tutto il resto della vita al lato destro una dolorosa difficoltà di movimento. Ma il vigore dell'intelletto e la energia del carattere non furono punto compromessi da quella infermità. Serbando salda fede alle sue dottrine giuridiche ed ai suoi principi liberali egli, al tramonto della potenza napoleonica ed alla caduta del Regno italico, non volle unirsi al partito degli austriacanti, ma restò fedele a quello degli italiani puri che aspiravano a sostituire al Regno italico, sa¬ tellite dellTmpero Francese, un indipendente Stato italiano. Perciò egli fu particolarmente inviso e sorvegliato dalla polizia come persona sospetta e come tale non cessò d’essere considerato dai governanti durante tutto il periodo delle vicende italiche successivo al nuovo assetto dato allTtalia e all’Europa dal Congresso di Vienna, periodo che fu l’ultimo e il più infelice della sua vita. (I) N ecessità deWuso dalla stenografia nel processo criminale pubblico , Voi. IV, parte II. Scritti sul Diritto Penale, pag. 890-893. GIAN DOMENICO ItOMAGN091 177 (il) III. Sotto il Dominio àustri a.cd. Caduto i! Regime Italico, .si costituì a Milano la Reggenza domi¬ nata da spirito reazionario. L impopolarità del predominio francese vi era derivata in gran parte dalla continuità delle guerre e dalla gravità, delle tasse, che avevano depresso e impoverito il paese. Due partiti si contendevano allora il primato a Mila no e nel resto della Lombardia. La maggioranza del clero e della nobiltà favoriva il ri¬ stabilimento del dominio austriaco; gli italiani puri avrebbero voluto conservare 11 Regno d'Italia colla est'Itisi od e de! Ricevè fi del- Lelemento francese, costituendo cosi, culle garanzie costituzionali, un indipendente Stato nazionale. 1 due partiti, che erano concordi nella prima, parte negativa del programma, organizzarono la. sommossa del 20 Aprile 1814. durante k quale fu aggredito ed ucciso il Mi¬ nistro Frinii. Romagnoli, che si sentiva sempre spiritual mori te in comunione cogli " italiani puri ", era stato già durante gli ultimi mesi del governo vicereale, sorvegliato dalla polizia. Nella ultima puntata, del 1818 del «Giornale di DiurisprutleiiBà universale* da lui diretto, egli aveva, inserita una ■ Avvertenzu nella ■quale informava i lettori che Stava per essere pubblicato il. pruno fascinolo della annata Ibi4 e che la pubblicazione del « (4 ì ornai e ^ sarebbe stata, continuata ce riportando le variazioni che fossero per verificarsi In séguito alla, pubblicazione di tale « Avvertenza ^ il cui signi¬ ficato pareva ambiguo, date le ben note convinzioni dell Autore. Romagnosi fu sottoposto ad un interrogatorio presso V « Ufficio di ! spetto ria alla Stampa e Libreria u pei ordine della Direzione gene- mie (li Polizia, con Dispaccio del 14 Marzo 1814, DelPintcrrogàtorio era redatto il 28 Maggio il seguente processo verbale: * Il Signor Professore Romagnoli fu chiamato a questo Ufficio e fu intei rogato ,|,i.,k sia stato il fine per Io quale ha posto il mia itene sul cartoncino controverso con te seguenti parole: « E sotto i torchi il primo fasci¬ colo dell'Anno 181.4 : il giornale continuerà riportando anche le va¬ riazioni ohe per avventura avvenissero.. Egli rispose: kO neìFin- dicatn nota si vuol ravvisare un delitto o no. Se bi, a norma dell ar¬ ticolo 9 del Decreto SO Novembre 1810 sulla stampa e libreria, deve 478 E. CATELLAN1 (12) essere rimesso ai Tribunali per l’applicazione delle pene inserite nel Codine Penale a norma dell*articolo 9 : o non si ravvisa un delitto nella detta nota, ed in questo caso « in mi riporto alle spiegazioni già date il 5 Marzo a questo Ufficio Dopo un secondo interrogatorio sulla realtà del line propostosi in detta nota, egli rispose : w II mio dovere e il mio onore non comportano da me altra risposta., perchè mine crebbe ai diritti die la. legge dà a qualunque persona quando è processata irr ego] armento e in competentemente. La legge ha sta¬ bilito i Tribunali per la garanzia delle persone e delle cose {•) dei cittadini ; l’ordine giudiziario è indipendente dalFordìnc ammini¬ strativo e la sorte e la garanzia dei cittadini stanno sotto la prote¬ zione dei Tribunali», Invitato a dace «un’altra evasione non essendo sufficiente la risposta per l’intento per lo quale venne interrogato w, egli rispose : « Qualunque evasione sul merito non può essere ricer¬ cata qui. ma solamente dal Ministero pubblico davanti ai Tribunali, Io non posso crederi? die l'autorità superiore voglia trascen¬ dere i confini stabiliti dalla costituzione e dalle leggi,,.. Ogni cittadino, in forza del noto assioma : « Qùilibet praes limitar bonus ni sì probe tur reus ?i, lm diritto di non essere sospettato nè inquisito lino a che non risultino argomenti positivi in contrario. Ecco di nuovo la risposta che il mio dovere e il mio onore mi permet¬ tono ». CUI si obbiotto allora : k Non piacendo V affettata stia renitenza a rispondere catagoricamente T le significo che, si dovrà riferire alla superiorità -, E Romagnoli ribattè : - Questa è cosa consolante per me. perchè tale è la fiducia che io nutrisco nella loro giustizia, e nei loro lumi e tale è il rispetto che essi professano, secondo quel che penso, per le leggi e per le costituzioni, che non posso dubitare mai che venga sostituito un atto di forza n un atto di ragione, Tn ogni caso poi. se l'imperfezione della frase fosse sembrata a taluni ambigua, io rio provo vero dispiacere, protestando di essere stato ben lontano da un sonar' sinistro contrarrò ai miei principi! ed ai miei solidi inte¬ ressi contro dei quali non sì presume che nessuno possa operare quando è di mente sana >> ( £ ), Hi V. Mjstrali, pag. 68. ( 2 ) bette il presfiiite intero patene altìig. Prol', rta magagli vanne dal mede- -oNn tegliate qijeHffPgiornr»08 Marzo 1814. NeM’iiffifindeirTfipcttope. della Stampa ìm idh. presenza del Bcttoeeritto. K- 1 raso Lxp.iture, Mutuali, |.. ò.s-iìu. ( 13 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOSI 479 Poco meno di un mese dopo questo interrogatorio, si costituiva a Milano il Governo provvisorio che, nessuno degli « Italiani puri » essendo chiamato a parteciparvi, era composto esclusivamente di austriacanti. Verso la fine di quell’anno, il tentativo organizzato da un gruppo di ex militari per il ristabilimento del Regno d’Italia, era sventato, e, scoperta la congiura, ne furono puniti i responsabili. Strumento della repressione fu l’assessore presso il Tribunale di Appello di Venezia Antonio Salvotti che diresse poi i processi del 1821. Il Presidente del Tribunale di Appello di Venezia Fratnich partecipava al Salvotti con lettera 23 Novembre 1819 l’incarico affidatogli con decreto del 18 Novembre dal Vice presidente presso il Senato Lombardo-Veneto del Supremo Tribunale di Giustizia. Con quel decreto nomina vasi il Salvotti membro della Commissione giudicatrice e giudice inquirente, raccomandandogli di « usare tutto lo zelo, tutta l’assiduità ed energia possibile anche per iscoprire quelle ulteriori ramificazioni di sì perfida società delle quali si potesse aver contezza » ( 1 ). Anche in quel complotto si trovò indirettamente implicata la responsabilità di Romagnosi, essendosi egli prestato ad aiutare uno dei cospiratori, il suo discepolo Lattuada, nella compilazione di uno schema di Costituzione da addottarsi dopo la sperata liberazione. Quell’abbozzo di Statuto, tratto dalla sua ancora inedita «Scienza delle costituzioni », fu carpito al Lattuada da una spia, il sedicente Conte di Saint Aignan, che era riuscito ad intrudersi fra i cospiratori. Si fece allora una perquisizione nella abitazione di Romagnosi, ma non vi fu trovato il manoscritto che il fedele suo domestico e segre¬ tario Angelo Castelli era riuscito in tempo a far scomparire. Un do¬ cumento esistente finora a Vienna chiarisce completamente le cause della insistente persecuzione della polizia, essendo in quello indicato con 77 altri nomi di implicati in quel complotto, anche il Romagnosi. Tali sospetti e tali persecuzioni a carico del Romagnosi, iniziati già dagli austriacanti durante il regime provvisorio e conti¬ nuati poi sotto il Governo austriaco, erano stati fin da principio de¬ terminati dai precedenti politici e didattici di Romagnosi, giustifi¬ cando quel suo giudizio espresso poi nella edizione della Scienza delle (1) Mistrali, pag. 52. 482 E. CATELLANI (16) notificazione, Silvio Pellico si presentò a Romagnosi per invitarlo ad aggregarsi alla Carboneria. Romagnosi si rifiutò, ma in una let¬ tera di Maroncelli al fratello del 30 Settembre 1820, che fu sequestrata, era nominato tra altri anche Romagnosi come uno dei componenti « questo consesso ». Perquisito il Maroncelli, risultò, insieme con Silvio Pellico molto compromesso ; e se ne ottenne la confessione. Romagnosi, arrestato a Milano, comparve davanti la Commissione di Venezia verso la metà di Giugno del 1821. L’accusa era di non aver denunciato Silvio Pellico dopo l’invito fattogli da questo di aggregarsi alla Carboneria, rendendosi così passibile della condanna al carcere duro a vita. Mentre il Pellico si dimostrò molto intimorito e molto abbattuto, e remissivo fu il Maroncelli, le risposte di Roma¬ gnosi alle stringenti interrogazioni e obbiezioni del Salvotti furono ferme e negative. Il Salvotti allora impugnò le dottrine sovversive contenute nelle sue opere, anche in quelle ancora inedite come la «Scienza delle Costituzioni ». A ciò egli obbiettava che aveva scritto tutto ciò fra il 1810 e il 1814, cioè prima della restaurazione austriaca, e quando le dottrine da lui in quei lavori professate nulla avevano di sovversivo in rapporto col regime allora vigente ; e dichiarava di avere scritto allora come studioso che considera obbiettivamente i rapporti di diritto pubblico senza riferirsi ad alcun particolare si¬ stema di governo esistente. Si interrogarono anche alcuni suoi di¬ scepoli, e se ne esaminarono i quaderni scolastici ; e fu esemplare la condotta di quei giovani e particolarmente quella di Carlo Cattaneo. Intanto nella cella dell’isola di San Michele, Romagnosi attendeva ad uno studio sull’insegnamento primitivo delle matematiche che pubblicò dopo la liberazione dedicandolo, come si è già notato, con ricordo riconoscente che il trascorrere del tempo non affievoliva, ai Padri del Collegio Alberoni. La sua difesa ( x ) appoggiata alle dispo¬ sizioni da lui illustrate del Codice Penale ed agli elementi di fatto da lui rettificati, fu un modello di dialettica e di chiarezza. Un primo suo successo risultò ( 1 2 ) dalle conclusioni stesse del Salvotti che pro¬ poneva « sia dichiarato sospendersi il processo per difetto di prove legali sul delitto di alto tradimento a Romagnosi imputato ». Il Consigliere relatore Tosetti trovava insussistenti gli indizi (1) V. Mistrali, pag. 108-115. (2) V. Mistrali, pag. 115-119. ( 17 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOSI 483 che da principio parevano aggravare la posizione del Romagnosi e perciò ne proponeva la piena assoluzione. I Consiglieri Grabmaier e Roner si associavano al voto del relatore e perciò il 10 Agosto 1821 fu concluso per la sospensione del processo « per difetto di prove legali rispetto al delitto di alto tradimento imputatogli, colla di lui condanna al pagamento delle spese processuali insolidariamente, ed alimen¬ tarie in sua specialità, colle riserve portate dal § 537 del Codice dei delitti ». Così fu deliberato dalla Commissione ; ma il 9 Settembre 1921 la assoluzione di Romagnosi fu confermata in sede di Appello non « per difetto di prove », « ma per riconosciuta innocenza ». Tale riparazione non è stata però definitiva perchè il « Senato Lombardo- Veneto » sedente a Verona, giudicando in terza definitiva istanza, limitava nuovamente colla sentenza del 6 Dicembre 1921 l’assolu- zione del Romagnosi con un puro e semplice « non luogo per insuf¬ ficienza di prove» ( J ). Non si procedette immediatamente alla di lui scarcerazione, perchè egli domandò di restare in carcere altri due giorni per aspet¬ tare il suo fedele segretario Angelo Castelli che dovea venire da Mi¬ lano a riprenderlo portandogli un po’ di denaro necessario per le spese di viaggio. Dopo il ritorno a Milano egli non poteva però ripren¬ dere tutta la sua attività e provvedere come prima del processo al suo sostentamento. L’Imperatore infatti aveva trattenuto gli scritti sequestratigli ; e, rilevate le dottrine liberali che vi erano professate, disponeva perchè gli fosse inibito anche l’insegnamento privato che era restato la fonte principale dei suoi modesti guadagni. L’ostilità del governo contro di lui risultava dalle istruzioni impartite all’Autorità Commissariale ed alla Gendarmeria, ancora prima dei soggiorni di Romagnosi a Carate, « di tenerlo in stretta osservazione, essendo persona sospetta e molto pericolosa in linea politica per le sue esaltate opinioni liberali ; di riferire quali persone lo frequentassero, quali discorsi tenesse, in quali località si portasse e quali persone visitasse ; non omettendo di informare se gli venis¬ sero recapitate lettere dall’estero e da quali paesi ». E quelle due autorità, ad insaputa reciproca, « riferirono costantemente di Roma¬ gnosi ogni anno con tali minuti dettagli che non avrebbero potuto (1) Op. cit., pag. 120. 484 E. CATELLANI (18) raccogliersi se non per mezzo di uno spionaggio organizzato ». Così scriveva il marchese Ferdinando Cusani Gonfalonieri, che nel 1848, essendo primo deputato di Carate e Capo di pubblica sicurezza di quel Distretto, aveva ritirato ed esaminato il protocollo segreto della Gendarmeria e quello della Amministrazione politica del Distretto ( 1 ). IV. Dopo il Processo di Venezia. Romagnosi ebbe per un momento la lusinga di poter ricosti¬ tuirsi una posizione moralmente ed economicamente degna del suo valore ; ma, per effetto delle avversioni politiche, anche quella spe¬ ranza venne delusa. Nella primavera del 1825 il Governatore inglese delle Isole Jonie, Lord Guilford, gli offerse il Rettorato e la Cattedra di Diritto Pubblico nella Università di Corfù. Egli accettò e per procurarsi i mezzi necessari al mutamento di domicilio, vendette libri e masserizie ed ebbe poi dal Governatore di Corfù anche una somma sufficiente per le spese di viaggio. Ma l’ostilità del Governo, determinata dai di lui precedenti politici, rendeva difficile tale con¬ cessione, e la soluzione negativa fu resa inevitabile per « l’ex profes¬ sore Romagnosi », dal Rapporto segreto del Direttore di Polizia Torresani al Governatore Conte di Strassoldo. 11 Torresani si oppo¬ neva all esaudimento della domanda perchè non era di « assoluta emigrazione» e perchè il Romagnosi, dopo una più o meno lunga assenza, avrebbe potuto «ritornare ancor più infetto di massime rivo¬ luzionarie di quello che ne sia partito e divenire sempre più pericoloso, seppure V età sua ormai avanzata non gli precluda presto ogni strada di esserlo ulteriormente ». Quanto al Castelli ed al di lui figlio mino¬ renne che avrebbero dovuto accompagnarlo a Corfù, il Torresani prospettava il pericolo che essi potessero « rientrare poi contaminati negli I. R. Stati ». Il Governatore si decise per il rifiuto del passaporto e così fu sottratta al Romagnosi anche quella ultima risorsa ; nè a rimuovere il governo austriaco dalla sua decisione, valse Tintervento (1) Cusani Gonfalonieri, op. eit., pag. 88-93. G LA N I> OM E N ICO fi OM AC N OS 1 (19) 465 amichevole del Governo dì Lo mira presso quello di Vienna, li 9 Lu¬ glio 18*25 Romagnoli iresisteva presso il Governo del Lombardo-Veneto per la concessione dei passaporto, addutìéndo « k necessità di avere almeno la dichiarazione di permesso di recarsi a fioriti.... tanto più ohe altri interessi domestici dì grave momento pendono da tale de¬ cisione, la tardanza della quale mi riuscirebbe dannosissima ■ ■ Egli aveva già preparata la Prelezione e lo Boheme del primo anno di insegnamento, quando Fostinato diniego del Governo lo costrinse a rinunciare anche a questa ultima speranza. In tanta rovina ebbe dm. conforti : la fedeltà e le cure filiali del suo, piuttosto che domestico, segretario e devoto amico Angelo Ca¬ stelli, e la generosa amicìzia di Luigi Azi monti, figlio dì Pietro Àzi- montr, ricco negoziante di Milano e di Francesca Oloiagcg apparto nenie ad un'antìcìiissimà famiglia di Carato Rrianza. Animanti, che già conosceva Romagnosi per fama, avea desiderato fare. Iti sua co¬ noscenza personale in occasione rii una consultazione che voleva < di ledergli col fine di proteggere da eccessivi ostacoli fiscali del governo un grande sta bili mento per raffineria dello zucchero che voleva co¬ stituire a Milano, Dopo un primo abboccamento, fi A zi munti restò ammirato, come lasciò scritto in una sua memoria, della ■< vastità delle sue cognizioni anche in linea industriale e finanzi aria, e della sua modestia e bonomia », E poiché anche Romagnoli sì senti attratto verso un uomo « di cosi distìnta ingegnò e di carattere tanto nobile e leale d, {') FAzmionti rese frequenti le sue consultazioni per poter corrispondere larghi compensi. E accortosi che durante Restate il clima milanese era nocivo alla salute di Romagnoli, lo pregò di r-- carsi nella sua villeggiatura di Curate per poter « nella quiete campe¬ stri» occuparsi di quel lavoro ». L'ÀziniQnt-i cominciò allora a passare segretamente al Castelli i fondi necessari al sostentamento del maestro (-), IAdirila di venir ad alloggiare nella, casa di ( 'arate fu accettata, e rial 1823 al 1835 egli trascorse ogni anno parecchi mesi presso il suo generoso amico che ( I ) p 15 RUJN ANO t.j ( 'uS AHI Co Nl'A1 .ONTE Iti. M t'.M miti & ulltt in t lin a il 111 V ti zìa fra ti. iJ. Romttgmèi e Luigi Aziwwtii, pag. 39-50 del voi. citato, n* 2, (2) b, G. Cusant Confa noNTETti. G. G, lUm'Ujnosi. Nùtètié storiche r l>w- (fra fichu. Bibliografìa v doCumrMi con prefazione di Euymio ( nftanut ve. Corate Bnanza, Tip. Aluecatellj, I92,S, pu^. 23. V. Munti, op. ciL. ptìg. 231. 486 E. CATELLANI (20) aveva pensato anche a provvederlo di un nuovo alloggio a Milano. Il merito più grande dell’Azimonti fu quello di aver confortato mo¬ ralmente, ed in segreto anche materialmente, l’ultimo travagliato periodo della sua vita, impedendo che questa fosse dagli stenti e dall’avvilimento abbreviata. Azimonti aveva autorizzato il Castelli a rivolgersi a lui per qualunque necessità finanziaria e il Castelli così fece; sicché Romagnosi non mancò di nulla e non seppe che Azi¬ monti provvedeva a quanto gli abbisognava, ricevendo quanto Azi¬ monti mandava per compenso delle consultazioni e ignorando quanto era aggiunto nell’invio al Castelli per contribuire alle spese domesti¬ che. Egli, che avea già passato a ('arate tre mesi nel 1823 e nel 1824, dopo la delusione di Corfù anticipò il suo soggiorno in quella villeg¬ giatura, mentre FAzimonti gli rimise a nuovo la sua casa a Milano ; sicché al suo ritorno in Novembre « si trovò ben alloggiato e di nulla mancante ». Che egli poi non sapesse di quanto si poteva disporre a favor suo, come prima non avea saputo calcolare rii quanto potea largheggiare in soccorsi ad altri senza sbilanciarsi, non é ria stupirsi, perchè, grande nella vita del pensiero e nella scienza del diritto, era stato sempre ignaro di quanto si riferisce ai piccoli dettagli pratici della vita. Nell’Agosto del 1834 Angelo Castelli così scriveva all’Azi- monti.... « Questi signori filosofi quanto sono grandi nella loro carriera, sono altrettanto piccoli nelle cose che più li riguarda da vicino pel loro benessere, e trascurati nell'approfittare della loro sapienza per farsi uno stato col quale vivere comodi ed indipendenti ». E dopo aver ricordati i soccorsi prodigati da Romagnosi ai numerosi parenti ed agli amici veri o falsi che gli domandavano e ottenevano prestiti e doni, concludeva col dire che il sapiente Maestro « stette sempre in bolletta » ( 1 ). L’Azimonti rispondeva a questa lettera il 12 Agosto 1834 : « Vi fornirò il bisognevole per quanto mancasse alle sue risorse », e lo esortava a provvedere a tutti i bisogni « del nostro Patriarca » in modo che egli « non se ne accorga o non possa averne dispiacere ». Tanto a Carate quanto a Milano continuò per tutto il resto della sua vita nella indefessa operosità; e l’ultimo periodo, dal 1821 al (1) V. A. Monti, Pensiero e Azione , Cattaneo - Mazzini - Romagnosi, Mi¬ lano, Corbaccio, 1920, pag, 261 n. (21.) GIAN DGMFI M Ci i ROMAOTC OSI 487 1835, fu il più produttivo i-osl da ^istituire quasi la meta della col¬ lezione delle sue òpere. Tutto il suo tenore di vita era subordinato a tale attività; Si alzava verso il mezzogiorno dopo aver dettato pei' tre o quattro ore ad Àngolo Castelli, poi f 1 ) riprendeva personalmente il lavoro linfa all'ora del pranzo dir sempre voleva frugale e durante il quale s’intratteneva sovente in conversazione con qualche amico, preferendo durante le refezioni i compagni ignoranti per potere piuttosto istruire ohe discutere p)„ Anche all'età ili settant’anni lavorava dalle quattordici alle sedici ore al giorno, leggendo senza bisogno di occhiali ; c per nulla aveva sminuita la vigoria della mente e la forza della memoria. Oltre a molti articoli pubblicati in giornali e riviste e special mente negli « Annali di Statistica >k sono di questo ultimo periodo della stia vita molte opere importanti quali quella della « condotta delle acque ■. le ■* Istituzioni di civile filosofia »► scritta nel 182M e non pubblicate, che nel 1839 : 11 Ohe cosa c la mente sana » ; « Ricerche storiche sull 3 India antica » : « Della suprema ar¬ monia dell'mnano .sapere in relazione alla mente sana ■■ ; ■ Elogio storico di Mehdiiorr Gioia u : " Della ragione civile delle acque nella rurale economia j» (1829-1830) ; « Vedute fondamentali sull 3 arte lo¬ gica " (1832); e «Dell’indole c dei fattori dell incivilimento » (1832). Oltre la cerchia ilei vecchi amici e degli affezionati discepoli egli non fu. anche in quel periodo, del tutto dimenticato in modo corrispondente alle vicende della sua fortuna. L'Istituto di Francia lo nominava socio della Classe delie (Scienze Morali : ed egli, a dimo¬ strare la propria riconoscenza per tale onore, inviava il 14 Dicembre 1833 una Memoria su: «Vedute eminenti per amministrare l'eco no- mia dell’mcivilimento ■* ; lavoro che però non è statò pubblicato nelle ■ Mémoires dea «Savarihs ét ranger* ». Nelle sue ultime disposizioni egli destinava all’Istituto di Francia una medaglia colla sua effigie, opera di Desiderio Cesare, che gii era stata offerta poco prima, da un gruppo ili ammiratori. Dopo aver atteso cou indefessa attività ai suoi studi per la mag¬ gior parto della giornata* egli wi dava svago nelle ore della sera con qualche visita, o, durante i soggiorni a (tarato, con una partita di (ì) Monti, psg, 247, (2) MastMM, pag, 12742B. h 488 E VATE U.ANI ( 22 ) carta giocata eoi fattore Sirtnri mi segretario Formanti e coll'agente comunale M erogali ì « tre vecchi semplici, quasi analfabeti e rispet- torissimi, ma assai piu abili giocatori di lui ». Alla costante amicizia dclFAzimrinti corrisposero cajsfunta¬ mente Fu fletto e la riconosrmzM rld Maestro- Di tali seri tini enti, che questo già gli esprimeva in una lettera del 18 gennaio 1828. egli rinnovava la manifestazione, dopo avere sperimeli tato per undici anni la- stia generosa e devota urne rata, seri vendagli da (Vi rat* - il -I Luglio 1834; «Amico mio dd e t risami o : la vostra amicizia per me sorpassa ogni aspettazione >•. E il 10 (Lumaio 1831 gli aveva inviato ia dono un proprio ritratto con questa dedica: i' Questa immagine mia. posseduta dal più saggio e rial piti cari) dei miei amicL cioè da Luigi Azimonli parli perpetuamente per me e dica che io, sventurato e derelitto, debbo a lui soccorso e salute,,., per cui testifico la mia perpetua gratitudine Sul timre dell’Ottobre 1834 egli tornò n Milano dal l'abiti mie soggiorno estivo di Carato ed ebbe frequenti visite di amici e disce- poli : Cesare Cantò, Defendente Bacchi Giuseppe Ferrari e (urta Cattaneo che egli chiamava >* la pupilla dei suoi nerbi hJe[ Febbraio 1835 ammalò e fu confortato dalle più amorose cure delLA/immiti, del Castelli e dei fidi discepoli. Vide con serenità, approssimarsi la propria fine. In uno degli ultimi giorni de! Maggio 1835. contemplando dal letto la cupola ili Santa Maria delle Grazie, ricordò ad Ammonti die, negli armi {intercedenti, egli in quei giorni soleva trasferirsi a (arate, aggiungendo : « lo credo die l'eterno riposo ove si ebbero prove di molta affettane sarà un conforto v Al che AzLmonf i. coni- mom.K gli strinse la mano, dandogli una tacita promessa che il suo estremo desiderio sarebbe stato esaudito. Egli morì F8 Giugno, cir¬ condato dall Ammonti, dal Castelli, da farlo Cattaneo e da Giuseppe Ferrari, Finì la vita con quella stessa tranquillità e. rassegnazione con cui aveva saputo affrontate le avversità e In miseria. Ben disse il De Giorgi (f) che « pochi ebbero più di lui intva- Gj Biografia di (ÙMicltimemco ftanuignorì nel Voi, X delle Biografie degli Italiani Illustri del see, XV IH e stinte ni penane à pubblicata dal Prof. Emilio Ce MpaJdfj, riprodotta nel Voi. Vili, parte U. Suppb al Voi. 1 delie Opere, PNP 10. m G IAN B 0MUN K'i > P f>M ÀONGKI 489 la vita, pochi funata tanto figgili <3 eli'amore <» della venera¬ zione dei con temporanei e dei posteri». Per le onoranze resegli nel suo paese natale, Pietro Giordani scriveva la seguente epigrafe : MDUCCXXXY QU ABITANTI EU SALSOMAtìtìlORE ONORANO LA CARA MEMORIA m fi IAN LOMBRICO ROMAGNOLI OHE NATO QfUX IL BÌ XI DICEMBRE MDOCLXI E CON LA fH A TI ENZA UKGLJ 'RCtSITTI E COLLA SANTITÀ Olii COSTUMI ACQUISTATOSI RIVERENZA ED AMORE TMK TUTTA ITALIA E FUORI HA PATTO memorabile QUESTO PICCOLO BORGO Luigi Azimonti* obbedendo all’ultimo desidèrio del Maestro, volle farne trasportare le spoglie a Carate. e provvide a. raccogliere la somma necessaria per erigergli un monumento ohe poi fu collo- fato a Milano nella sede della Biblioteca Ambrosiana, L’indomani della molte di fio magnesi, Carlo Cattaneo dettava questa epigrafe : Gl m DOMENICO ROMAGNOLI PROFESSORE PUBBLICO DI ALTA LEGISLAZIONE E MEMBRO CONSULENTE DEI MINISTERI BT GIUSTIZIA DEL CESSATO KttéNO U* ITALIA GENIO RESTA U RATOft H DELLA ■ Tutto ciò (pag, 501) non forma che un preliminare al Targo mento che mi proposi di stu¬ diare Questo fi quello della o Civile Filosofìa ■>, Sotto questo nome io comprendo la cognizione ilei principi dirigenti l'umanità al me elio rea] in ente ottenibile per via, delle cause coordinate alla sociale convivenza ''E qui importa prima di trattò (§ 17) nwerÉlè clic la civile filosofia non viene da me assunta* come si suole sempre fare, a guisa di ramo clic si fa * lisce ridere da una platonica preo rdinazione, ma bensì come un capo di arte da effettuarsi dall? umana industria a norma di positive reali necessità « « non veggo di essere obbli¬ gato ari innalzarmi a tanta sublimità e a correre il pericolo di per¬ dermi nel caos dell idealismo :— *< lascierò a loro gpado dibattersi le scuole della morale interessata o disinteressata, sulla virtù e sul I egoismij. su 11 imperativ\i categorico n suI11mpuIsi. vo em jj irico , sub I assoluto e sul condizionato, suda forma archetipi anteriore o sulla dedotta posteriore della legge morale », e ciò senza ù lasciarmi sog¬ giogare dalle ambizioni dialettiche e teosofìstiche, o dalla vanagloria di sfoggiare lana inopportuna vastità di spirito* a foggia dell* Herder c rii alcuni scimmiotti di lui, a danno infinito della equità e della iitìle istruzione ", '< A me fpag, 507-508) non parve mai dubbia l’al¬ ternativa o rii professare bassolata necessità della natura o di radere indi arbitrano* E siccome questa necessità si riassume e si verìfica ìti quella della sociale convivenza (cioè dì un equo consorzio di difesa e di soccorso) cosi, senza far valere questo fatto con tutte le sue con¬ dizioni, ri cade inevitabilmente nell'ar hi trario si dell’anarchia che della tirannia », Tutto il corso della civile filosofia era da Ini diviso (pag, 508-9) nelle quattro parti seguenti: ]. Dottrina della ragione in relazione alla civile filosofia , J. Dottrina della umanità in relazione alia ci¬ vile filosofici . j. Dottrina della civiltà in relazione alla, civile filosofia ; 4, Dottrina del regime in relazione alla civile filosofia. « Chi ha letto 3r cose mie. scriveva e^li. mi lusingo che avrà veduto die io (dirò collo Stallini} fu fo alla umtonmna ; poste alcune leggi* per esperienza note, ne deduco le conseguenze, senza né indagare nè determinare ( 29 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOSI 495 le ragioni delle leggi medesime. Indi stabilisco la teoria del pratica¬ bile sociale. Così facendo, ho professato e professo di nuovo di con¬ tinuare la moderna Scuola Italiana la quale, per la filosofia naturale fondata da Galileo e dai suoi continuatori e per la civile dal Vico, dallo Steliini, dal Genovesi e dai buoni economisti, fece camminare di conserva le due grandi parti della universale filosofia. Possa questa scuola continuare a gloria e a beneficio nostro e degli stranieri ».... E accennando alla influenza dello scrittore sulla mente dei lettori, aggiungeva : « Io amo di eccitare l’industria dei miei lettori, anziché contentarne la leziosità. Mai non si riesce ad adattare le proprie idee agli altrui cervelli, se essi stessi non le raccolgano, le connet¬ tano e le traducano nel loro proprio mentale linguaggio. Chiunque non sa essere attento ed industrioso non fa per me ; e però ho sempre posto in non cale la taccia di oscuro regalatami dal volgo, rifiutando di snaturare i concetti e la lingua della scienza e perdonando il mal accorto oblio dei plagiari ». Nella seconda lettera al Vieusseux (pag. 510-533) egli esponeva le « avvertenze logiche generali per lo studio ragionato della civile filosofia ». Il carattere logico e morale universale della civile filosofia si riduce ad « una teoria di forze coefficienti l’interessante umano, esposta con concetti, assiomi e precetti generali medii (cioè nè troppo generali nè troppo speciali) da cui risulta una grande connessione e similarità fra tutto il sistema dell’uomo interiore individuo e del¬ l’uomo interiore consorzio, tendenti alla conservazione loro perfet¬ tibile sotto l’impero della natura e della ragione». Respingendo la dualità platonica, aristotelica od anche mistica (v. manicheismo) « nella quale si insegna che una parte dell’uomo serve all’altra », egli vi sostituiva la sua dottrina che ammette la esistenza di « una complessiva unità attiva ed armonica, nella quale, colla azione e reazione delle forze stesse che cospirano e contrastano, è prodotto un effetto solidale simile alla direzione diagonale di un solido spinto da due forze uguali operanti ad angolo retto. Da ciò ne viene che questo effetto devesi solidalmente imputare, vale a dire attribuire, all’azione e reazione simultanea di tutte le forze operanti niuna esclusa ». Ciò si connette con quanto egli scriveva altrove (voi. I, p. I, pag. 566-7) circa l’oggetto e il fine dei suoi studi : « Noi abbiso¬ gniamo di conoscere non l’uomo speculativo ma l’uomo di fatto ; e se vogliamo salire all’analisi e alle leggi generali, egli è appunto per 496 Ri PATELLA NI m n)iio^fTf« questo nomo di fatto. ,\1 à questo non si conosce nè colle visioni pia tomi. Le 11 u j colle quiddità, peripatetiche, nè colle sfumature trascendentali, ni: coi minuti sperimenti accademici, ma bensì collo sturilo delle tradizioni e delle leggi colle quali l'uomo visse e vive -itillo fetidi i■■r 1 i- naturale che .-in limiti lo studio ttlVuoma sociale per- olle * fuori di questo I numo è al disotto dei bruii », Fra il positivo vero ed il chimerico non vi è ragionevole : o con vieti essere sperimentali induttivi, o Visionsiri. « Col primo mezzo si producono lumi, bontà e potenza : col secondo tenebre, malessere e abbatti mento ». Un pensiero solo domina dunque e illumina la sua dottrina ed il fcuo sistema. « La necessità delta natura dà la regola ; l’uomo unii servi- allbrano ma alla sola natura e al proprio meglio. Le giuste leggi altro non sono che k espressione di questa necessità : ed un legislatore non è autore ma banditore di queste necessità ed esecutore dei loro comandi Noti devmnsi k applicare dì salto i principi speculati vi generali alle posizioni di fritto particolari »; nè > ciò che è soltanto con¬ cepito in una astratta perfezione far valore violentemente in ogni posizione di fatto particolare ». «.-Le scienze morali sociali (pag. 532) sono una specie di tìsica della azioni libere umane » (pag. 532-33, § 109). « La ciò ne segue che il metodo di studiare la civile filosofìa, deve essere in sostanza identico a quello di studiare la filosofia natu¬ rale spinta alle sue utili applicazioni. Come indili civile filosofia ac¬ coppiata all arte distinguiamo un ordine di fatta da un ordine di taqio- itv. così pure nella iintima le accoppia.tu alh arti si distinguono questi due ordini. Nella civile filosofia (pag. 533, § 1 10} lo studio della ragio¬ ne e della umanità somministra i fatti ; se ne scoprono le ragioni per determinare indi il magistero della civile edificazione w. Questi principi! ispirarono anche gli scritti del Romagnosi (voi, VII. p* II. pag, 1 Mo-1436) relativi alla cattedra di Alta Legislazione ri vi le e crini] naie nei suoi rapporti eolia pubblica amministrazione. Nel discorso inaugurale (pag. 1247-1273) egli trattava: « del predominio della natura sul regime degli Stati », La società era paragonata da lui ad un ben architettato edifìcio che abbia le sue fondamente nelle, leggi naturali. E constatava * la tendenza di tutte parti di uno Stato e delle Nazioni tra loro iìlFequilibrio delle utilità e delle forze mediante il conflitto degli interessi e dei poteri rattemprato dalla azione degli stimoli e dell'inerzia. modificato dallo stato vario e progressivo così dei particolari come delle popo- ( 31 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOST 497 lazioni, senza discostarsi giammai dalla continuità ». « L’equilibrio di cui parlo, aggiungeva il Romagnosi, si deve riferire tanto alla natura quanto agli uomini ed alle nazioni fra loro. Il più fecondo effetto (pag. 1256) si ottiene dove esiste il massimo eccitamento delle forze contrastanti che bene agiscono dove non v’è tirannia, mentre dove avvi soperchieria di forze, ivi avviene ruina, distruzione, morte ». Così si palesa il nesso fra la vita fisica e quella morale. « Il modo (pag. 1265-66) di concordare il predominio della natura col regime degli Stati consiste neH’illuminare la mente dei politici sulle leggi necessarie colle quali la natura muove gli Stati, e quindi dedurne l’ordine artificiale col quale dirigerli in mezzo alle innovazioni delle differenti età ». Gli Stati che così non fecero decaddero avendo più mezzi che abilità, più desideri che cognizione dell’arte di dirigerli. Dall’igno¬ ranza di queste leggi deriva (1266-1272) prima il disordine, poi la tirannia e infine la decadenza dello Stato ; e prima causa di ciò è « 1 ignoranza delle grandi leggi colle quali la natura predomina il regime degli Stati ». Perciò egli lodava il Principe Viceré che aveva decretato la istituzione della cattedra di Alta Legislazione alla quale egli era stato per primo chiamato. Nei Prolegomeni dell’Alta Legi¬ slazione » (pag. 1401-2) egli si ispirava ai medesimi concetti ed affer¬ mava che « per un circolo di perpetue azioni e reazioni risulta che la generazione, l’aumento e la conservazione della potenza degli Stati derivano dalla potenza morale delle cognizioni applicate alla energia morale e fisica degli uomini ; il che potendosi praticare che con le invenzioni, con la istruzione e la educazione dei componenti lo Stato, i quali appunto debbono effettuare tutti questi atti e cospi¬ rare con le loro forze, ne risulta dimostrata la primaria importanza della pubblica istruzione ed educazione, come originario e precipuo mezzo ed elemento perpetuo della potenza degli Stati ». Perciò egli constatava che « in uno Stato perfettamente amministrato questo ramo della istruzione non solamente attrae le massime cure del go¬ verno ma deve formare un ramo a sé ed un ministero indipendente ». « La natura delle cose esige questa indipendenza ; perocché se in sé stesso è l’autore primario e generatore degli altri rami amministra¬ tivi ; se non può riconoscere altre mosse che quelle della natura poiché è essenzialmente libero come la verità, è chiaro che non possa sof¬ frire restrizioni da verun ramo subalterno senza soffrire detrimento nella sua stessa forza generatrice; e quindi subordinarlo ad effetti 498 E. CATELLANI ( 32 ) secondari è lo stesso che spegnerlo nella sua sorgente ». Terzo ramo (pag. 1402-5) è la ragione civica e politica. La ragione pubblica di Stato è definita : « il complesso delle leggi formate per armonizzare e conservare le parti diverse dello Stato considerato come persona morale ed individua in relazione al fine comune ed unico della con¬ servazione e potenza dei Corpi politici contemplati nella loro indi¬ vidua unità». La scienza di quest’ordine si può considerare come « ragione di Stato » e come « organizzazione dello Stato ». Dal primo punto di vista tratta della organizzazione e dell’ordine pubblico delle classi del Corpo politico tanto in relazione alle funzioni sociali quanto in relazione alla sede territoriale ed ai rapporti di cittadinanza e di forensita. Dal secondo punto di vista considera la organizzazione, la distribuzione, la competenza e la connessione delle magistrature politiche, civili e militari, in relazione alla situazione necessaria dello Stato ed alla azione complessa che debbono avere per ottenere l’in¬ tento della ragione di Stato, vale a dire la maggiore potenza e pro¬ sperità. In tal guisa egli combinava il concetto della società perfetta degli uomini e degli Stati e la deduzione del complesso ideale delle conseguenze di questa vita sociale, colla loro graduazione pratica corrispondente ai vari stadi di ascesa nello sviluppo di questa vita sociale. Come altro è il regime e l’educazione che si deve dare all’in¬ fanzia ed altro quello che conviene rispettivamente all’adolescenza, alla gioventù ed alla virilità, così pure altra è la forma di governo che conviene allo stato di primo dirozzamento delle società ed altro è quello che conviene ad un progredito sviluppo civile. Fare diver¬ samente e voler definire la miglior forma di governo in senso astratto e in modo assoluto, sarebbe lo stesso che voler prescrivere un identico sistema di vita per tutte le età dell’uomo. VI. Il Sistema Didattico. Il 26 Ottobre 1807 (*), pochi mesi dopo essere stato chiamato dal governo alla cattedra di diritto civile all’Università di Pavia, Roma- Mis ™ ali - a - D. Romagnoli, martire delia libertà italiana precursore dell idea socuile moderna , Borgo S. Donnino, Verderi, 1907, pag. 56-58. GIAN DOMENICO ftùMAÙNQSl m 4&9 ijiiohì esponeva alle autorità superiori le sue idee circa i concorsi per l'iii- segnàCuento universitario e circa le doti necessarie nei professori e quella, che potrebbe definirsi la tecnica della Scuola, « inserii are t scriveva egli, non consiste nel ripetere comunque Le parti di una dottrina» ma bensì ridR esporne i principila iieH addunie le ragioni di conseguenza e nello sviluppale r onipendiosamente i principali rapporti tralasciando le minute prirticolaiità Ed aggiungeva : L'i¬ struzione è nulla, quando non reiuh* gli uditori capaci di padroneg¬ giare i principi e di scorrere le parti tutte della, dottrina ohe venne loro esposta. Per lo che parrai che l'esame del professore debba ver¬ sare [liti intorno quel principi e quelle vedute che condurlo debbono nello addottrinamento, che SII quelle materie particolari che egli comunicar dovrà ai discepoli », poiché «rcol posseder le prime è faci! cosa acquistare e maneggiare le seconde », mentre « collAcquistar le seconde (il che è agevole a farsi) non si può supporre che egli da fornito delle prime », u II (Governo non fonda e non mantiene le cat¬ tedre per produrre speculativi indefiniti, o eruditi sterilì, ma bensì per preparare buoni amministratori, giudici illuminati, avvocati istruiti, priiTocinittori esperti, i quali dietro i dettami delle leggi e dei pubblici regolamenti servano allo Stato ». Dunque i [professori debbono, in una maniera almeno compendiosa, far conoscere le leggi ed i regolamenti clic riguardano la parte, da loro insegnata e più spe¬ cial mente poi la mente, ossia le ragioni loro onde rettamente appli¬ carli,,.. L'istruzione pubblica, Lt quale per sè stessa forma l'ultimo complemento della legislazione pratica, deve più specialmente ve¬ nire in soccorso dèlie leggi in tutte quelle parti nelle quali esse non dovendo nè potendo usurpare le funzioni 1 1 eli' addottri tiara ente, ma pure abbisognandone rrj tur" rii unico mazzo della loro esecuzione, sono costrette ad invocare il ministero della istruzione pubblica affine di ottenere il loro intento, Perciò queste parti debbono essere più pro- fnudamente conosciute e diligentemente trattate dal professore ». Questi pensieri ispiravano il progetto di regolamento de gli studi politico-legali per il Regno d’Italia compilato da lui per incarico del Governo f 1 ). In quel progetto erano dettagliatamente formulate Ir norme per il conferì mento delle cattedre col sistema del concorso per (t) Voi. VIR Opere» pag. 1191-1230, anno 1807, 500 E. CATELLANI ( 34 ) esame o per titoli, con tutte le garanzie del segreto nell’esame dei temi e le norme della procedura nell’esame dei titoli e coll’ enumerazione dei casi in cui doveva restare eccezionalmente possibile provvedere col trasloco di un insegnante da altra scuola. Le funzioni della Scuola secondo questo progetto dovevano (titolo XII) essere com¬ pletate dalla « Accademia di legislazione » da istituirsi a Milano, della quale dovevano essere membri per diritto i giudici della Corte Suprema ed i professori delle scuole di legislazione, di alta amministrazione e di diplomazia. In ciascun dipartimento poteva costituirsi un’Accademia di giurisprudenza, ma questa, come quella di Milano, dovevano essere autorizzate e non ob¬ bligatorie. Le scuole di diritto delle genti, di storia e di diplomazia dovevano concentrarsi in quella di diplomazia stabilita pure a Milano ; quella di economia fondersi in quella di alta amministrazione sta¬ bilita pure a Milano. Al Gran Giudice (art. 195) era attribuita la com¬ petenza di formulare il piano di istruzione e di disciplina per le scuole superiori esistenti a Milano. Quella di legislazione era costituita con tre professori : uno per i principi di legislazione ; uno per la storia delle leggi ed uno per la eloquenza del Fòro. Quella di alta ammini¬ strazione doveva avere un solo insegnante come pure quella di di¬ plomazia. Dopo cinque anni dalla istituzione di tali scuole, nessuno avrebbe potuto più essere nominato Ministro, Consigliere di Stato, Membro della Corte di Cassazione, Inviato all’estero, Prefetto, Pre¬ sidente di una Corte d‘Appello, Procuratore Generale, Ispettore generale degli studi legali o Segretario Generale presso un Ministero, se, dopo aver ottenuta la laurea in Giurisprudenza in una Univer¬ sità del Regno, non avesse frequentato le suddette scuole ed ottenuto alla fine dell’anno il grado del Magistero. Tale regolamento comple¬ tato (art. 197-198) da una serie di regole per la compilazione e per la scelta dei libri di testo, doveva entrare in vigore col 1° novembre 1808. In questo ordinamento Romagnosi aveva tanta fiducia di buon esito, che nel concludere dalla nuova cattedra di Alta legislazione il discorso inaugurale nel quale trattava del « predominio della natura sul regime degli Stati e del modo di concordare l’uno con l’altra » egli diceva ai suoi uditori : « nella scuola stanno le sorgenti di quella santa e vittoriosa opinione che penetrandosi dello spirito e seguendo gli impulsi di un governo forte e liberale, prepara la sorte più bella GIAN UOMENTO ROMAGNOLI 1501 ( 35 ) r In giuria maggiore del popolo iLilhmu u. f 1 ) Tanta Jitlucia egli aveva uri in bontà d i tali ordinament i olir-, al mutar delle sorti della Lom¬ bardia nel 1814, lottò vigorosamente per il mantenimento delle scuole speciali di Milano ,( 2 ) che da molti ai volevano abolite : ed egli ricor¬ dava allora clic scuole analoghe esistevano giti a Vienna sotto Mariti Teresa e che hi, cattedra di diritto pubblico e commerciale esterno era stata istituita per tt supplire alla cattedra di diritto pubblico e delle genti clic prima del 179f> esisteva nella Università di Pavia h. Egli combatteva, quelli che volevano abolire tali scuole anche perchè, se il nome ne era nuovo, 1 ' argomento del rispettivo insegnamento era antico come per la scuola di pubblica amministrazione, Nel di¬ fendere pertanto queste scuole egli non era ispirato da mi pensiero egoistico di amor proprio, ma da una obbiettiva persuasione della loro utilità, VII. 1 Pregi dello Scrittore e del M a es tro Ài complesso sintetico delle dottrine di Romagnosi circa l'essenza, lo sviluppo e rattività dello Stato c h rispondenza u tutto ciò dtrl- Tord ina mento e della disciplina della pubblica istruzione, corrispon¬ devano p&T lettamente i suoi concetti fondamentali circa la funzione e ì influenza della Scuola ; e tali concetti ispirarono tutta la sua atti¬ vità di Maestro, Il suo amore per la Scuola e il suo giusto apprezza¬ mento delle funzioni dell'insegnante e della graduazione deU’in- segiiamj'uhi, evitando così gli eccessi della generalizzazioni 1 come quelli della special izza zio tic, si inani bastarono ''‘ostante mente in tutti gli stadi della sua attività di malestro e di collaboratore al riordinamento degli studi superiori. Nel 1808, iniziando ì'insegnamento a Pavia ( Lt ) egli cosi zi rivolgeva agli studenti : 1/oggetto nostro è il pi il nobile e il più lusinghiero che ài possa presentare allo spirito ed al cuore (!) Questa prolusione non fu pubblicata che nel 181-1. (2) Voi. V1L parte il. jmg, 1237-1244, •■■Sulla necesaità delle scuole speciali di Milano e particolarmente di quella di pubblica ainminietra^ióRo ; 1314 m. {3) Ojjtre, Voi. VII, edi.sk eìl.. parte X, pag, 33-34. 502 E, PATELLA NI m umano, Non vi può essere divisione rii mire, perchè il profitto vostro, olir'essere un bene per voi ed un utile per lo Stato, è uriche gloria piia e quindi la maggiore ricompensa ch’io possa bramare alle mie cure. Un saggio deD'antichitù disse eh-- è gloria rii un padre un h-Im prudente. Si potrebbe dire del pari ehe la gloria di un precettore è tm discepolo studioso e dotto. I, oggetto nostro è il più nobile e jf pili lusinghiero che si possa offerire alla mente ed al cuore Limano, L’imperakire Marco Aurelio, mdb riflessioni a m* medesimo. disse rdie ogni uomo deve essere a se oggetto di vene razione. La sua anima è una divinità : Il suo corpo il tempro consacrato al servizio e al culto di questa divinità,.». La massima parte del genere umano è occu¬ pata intorno ai mezzi onde soddisfare ai bisogni reali o fittizi dei sensi. Ivi d travaglia in qualche lo usa per il tempio. In questo luogo ed ili ogni altro consacrato airistriizione, si serve solamente alla Dì vinirà. Piti particolarmente poi quest’opera m effettua con b dot- trine morali e polìtiche. Esse, ••levando Palino alla sciènza tlelTor- dine. e cosi conformandolo e facendolo cooperare alle mire delia na¬ tura, lo associano, direi qua,--? f 1 ) ai profondi ed eterni consigli rii lei, per affidargli in parte la legge dei destini della Nazione e dei privati, Tali prerogative sono comuni anche alle buone leggi die formano appunto l'oggetto della scienza di cui ci dobbiamo occupare Soventi volte (aggiungeva egli citando gli autori del «Progetto del nuovo Codice Civile) esse costituisco no ['anima morale del po¬ polo e sempre fanno parte della sua libertà : infine consolano ogni cittadino per i sacrifìci che la legge politica gli impone a prò’ della citta, eoi proteggerlo quando fa dhinpo, nella .sua persona e nei suoi beni, come se egli solo formasse tutta la città». « Per tale maniera, o giu va ni ornatissimi. ( 3 ) l’oggetto nostro ai mostra il più nobile ed il pm importante che ri posati offerire alla mente ed al cuore umano. Uni questi vincoli si stringe - *i rassoda In nostra società*. Lo stesso concetto sistematico ispirava, sul termine delia su a Din. i consigli ( 3 ) che, in una lettera da Cara te del 4 luglio 1834, egli dava al giovane Giovanni Battista Vakntini che gli aveva fatto Gl v ^h VII T parte I, pav, :ìa:ì4. m Pag. :u. {■b V, CtJSASl Co N PALONI Ufi u UJJ. flit., p&g, 74 GIAN DOMENICO ROMAGNOLI 503 ( 37 ) omaggio dei tuoi versi e, che più tordi doveva essere fra i cultori della memoria del Maestro, f Gradisco, gli scriveva Rom&gnosi, il dono delle sue poesie die mi pai' vero spontanee, vivaci e condite di estro e di gusto. Andino per un momento sacrificai alle Muse e nella mia inoltrata vecchi aia ne sento ancora le grazie. Santo esser ella incamminato verso gli studi legali. Mi giova, darle un consiglio inferita ni ente importante e dal quale boti sicuro ne trarrà gran frutto e gloria,Questo si è di unire agli studi legali quelli della politica economia, onde cosi divenire vero uomo r|i Stato ed illuminato giureconsulto ». Questa stia cortese sollecitudine per ogni studioso che a lui sì rivolgesse lo faceva considerare da tutti, anche oltre i limiti dèlia scuola, come un venerato Maestro. Fra le tante mairifeatarioni di tedi? sentimento, merita, di essere segnalata una lettera che il profes¬ sore C'e!so Marcaceli] della Università eli Siena, ( L ) indirizzava il 30 luLdio 1834 a Luigi Azi monti. Scriveva in quella lettera il Marzocchi che hi .sera del 14 luglio egli avea fatto nei suo viaggio ima sosta a Milano por conoscere personalmente il mecenate di Ito m agrori, e che dopo aver tentato invano di incontrario al suo domicilio si era. recato a Curate ■■ ad abbracciare il grande uomo da Ini venetato come padre c Maestro ... Ad Ari monti egli sentiva il bisogno di esprimere anche la prò p r i :-i riron osi ■ *>u za " j >er l’uni i ci zi a gèi i erosa con cui tratta va. il Professore », Dolente di non aver potuto vederlo a Milano nemméno il 19 luglio, al suo ritorno da Cara te. egli esprimeva, insieme col proprio rammarico <■ per non avere avuto il bene di vederlo e ili dirgli a voce quanto lo stimava », i suoi sentimenti di stima e di iflftdtàu- dme U). (IJ 11 Mamicohi, insegnante Dottrine Civili n a Siena dal 182D al 1832 o poi destituito dalla cattedra universitari.!). lettore di « Istituzioni Civili n nel <' Collegio Twlorttfij ■. di quella eittà. lasciò. Ira molte pnbldifaziom, le seguenti noiioern enti Romagnoli: " Rulla suprema ermimmia deirnrmmrt saperi 1 in ìv l'a¬ zione alla mente sana - dì (.!, I I, Romagnoli, ott, 1S28. Ristorno sitila ©dizione dulie opere di G, f). Romagnoli stanipaté dal tipografo 1 L Piatti è specialmente fiulPojjerài : n tkinesj del diritto penale , Sott. 1832. « lini principi l'onda mentali iti fileitìoffa nella vita sociale i» di C. J,i. Romagnoai, J838. (2) Cubani Conca mio eri, òjj, di.. pag. 15 : Lettera del Marni echi il cui originale esiste nel Museo Bomagnosi. rm E CATELLA N T 1 ( 38 ) Tutta la camera aeiontifica e didattica di Rnmagnosi giunti- ficaia il devoto ricordo dei suoi discepoli e Fammi rasi trae degli stri- diosi che pur suoi discepoli si consideravano dopo Io studio delle mie opere. Nelle lezioni alla Università di Pavia, ^gli riassumeva mirabilmente te grandi lin--< del suo esemplare metodo didattico. Poiché « la scienza della ragione civile (') è csaenxi al niente ima scienza di ragione e di autorità ", e come scienza di ragione non offre che 1 no moni morali astratte e di rapporto, queste esigono la più posai,a attenzione per essere, perfettamente intese, più esatta analisi per essere giustamente combinate, e la- pili assidua ripetizione per asse re fermamente traina ridate alla ne-minhi v Tuli >0110 U idee di diritto. di oldigazioue. di legge, dì co livellinone, di b.la o di mela fede, di domìnio, di possesso, dì commercio e di diritti, e tutte le altre che perpetuamente .stanno sotto varie forme <■ sotto varie forme si ri prò- ducono nella scienza della Ragione civile ... Nè egli voleva che t di¬ scepoli fossero soltanto uditori e pedissequi ripetitori delle parole del Maestro. - Laonde, diceva egli ai discepoli », (pag. 36 ) ; io rico¬ nosco in voi il diritto rii ricercare schiarirne ri ti, di muover dubbi, di proporre obbiezioni, anzi vi eccito a fare tutto questo : ed io mi offro, dove saprò, a prestarmi allo vostre richieste dando ad opimo la facolta di interpellarmi, finita la lezione, onde non interrompere il corso regolare delle spiegazioni. Eccovi un altro articolo delia nostra società di stadio ch'io offro al vostro zelo ed alla vostra diligenza ». fio n quésti ammoni muriti si coi legava la raccomandazione di man¬ dare a memoria, ma di farlo soltanto per le cose (Hligmlmmite stu¬ diate e completamento comprèse. A rendere più efficace questa ginna¬ stica della memoria e della intelligenza, egli volle anche 'continuare ari uniformarsi alla consuetudine dì quella facoltà unì versiti] ria. facendo nella scuola una volta per settima ria una esercitazione acca¬ demica. Dopo avere ( £ ) ringraziati i suoi uditori per ì*atten£Ìoue dimostrata, ricordava loro che l’oratore del Governo Francese, net- Filhistiaro al Corpo Legislativo i Motóri del progetto di Codice ci¬ vile, uvea detto : n Noi per scienza intendiamo una serie di verità 0 di regole te ime legate alle altre, dedotto dai primi principi, riunite U) Opér^ edk. U G„ Voi VII, parte I, pag. 34, jj 50. (-) L. c., pEtg, 39, ( 39 ) GIAN DOMENICO EOMAGNOSI 505 in corpo di dottrina e di sistema, sopra un qualche ramo principale delle nostre cognizioni ». Enunciando tale definizione, nota, come egli stesso ricordava, da Aristotile in quà, egli esortava i suoi discepoli a non dimenticare che « l’arte degli espositori delle civili dottrine deve ridursi a stabilire una serie di verità e di regole ; a legare le une alle altre ; a dedurle dai primi principi, ed a riunirle in un corpo di dottrine e di sistema ». Ma tale risultato non può essere conseguito « nè con commentarli fatti di salto del puro testo delle leggi, nè con una esposizione non preparata dalle nozioni che formano la lingua e l'anima di tutta la scienza». A tale indirizzo da lui preferito non mancava il pregio della continuità. Egli infatti riconosceva che a quei principii si erano ispirati (1. c. ,pag. 41) coloro che nel secolo precedente avevano compilato gli « Avvertimenti generali per i pro¬ fessori nella Regia Università di Pavia ». Ciò risultava in modo par¬ ticolare dagli articoli 18 e 19 di quelli « Avvertimenti », dove racco- mandavasi agli insegnanti la brevità e la precisione accompagnate da un buon metodo e da una ordinata gradazione delle dottrine; sopratutto agli insegnanti era raccomandata la precisione di linguaggio per essere ben compresi dagli allievi e per esercitare sulla loro mente una positiva influenza. A queste si aggiungevano (1. c., pag. 41-42) le raccomandazioni di bandire dalle lezioni ogni eccesso di quella casistica colla quale « tanto sovente si vede oppressa la capacità dei principianti » ; e di « distinguere le leggi che derivano direttamente o per una legittima induzione dal Gius naturale, da quelle che di¬ pendono dal Diritto meramente arbitrario e positivo ». « Soltanto così », concludeva il « Piano scientifico per l’Università di Pavia » da lui citato, « si potranno sviluppare negli scolari i talenti e le qua¬ lità di un giureconsulto filosofo e legislatore ». Dopo questa citazione, che mostrava la coincidenza del suo metodo colla tradizione uni¬ versitaria pavese, egli riaffermava (pag. 42-3) la sua convinzione che « il nome di vero giureconsulto conviensi solamente a colui che la cognizione della Ragione civile non dalla sola parte delle leggi positive ritrae, ma dalla scienza ancora delle ragioni, delle origini e delle radici dalle quali l’arte dell’equo e del buono viene natural¬ mente e dimostrativamente generata »... (§78 pag. 42) «Per lo contrario coloro che, seguaci di bassa, inerte e vulgare usanza, posposte le defini¬ zioni, i principii e le graduate teorie, si aggrappano addirittura su l’adentellato dei testi e dei casi singolari, e, quasi pòlipi aderenti 506 E. CATELLANI ( 40 ) allo scoglio, altro non colgono che le cose che l’onda circostante fa per solo caso cader loro sotto la mano, non laude o titolo di Giure¬ consulti, ma solo il nome di Prammatici o di Legulej possono meri¬ tare » (§ 79 pag. 42). Il suo devoto interessamento per la Scuola derivava dalla ne¬ cessità, da lui riconosciuta, di far corrispondere la Scuola alle esi¬ genze della vita. « Cosa è, si chiedeva egli, la civile giurisprudenza ? Essa è l'arte di determinare nei fatti occorrenti nelle civili relazioni, quello che è di ragione, dietro i dettami delle leggi vigenti nelle ci¬ vili società ». Principali funzioni della civile giurisprudenza sono dunque : 1. Determinare ed accertare le specie di fatto ; 2. Decidere, dietro la mente della legge, quello che è di ragione nel dato caso ; e a far ciò è necessario « scoprire e individuare la disposizione o ge¬ nerale o speciale della legge riguardante il fatto proposto, facendo sentire la identità o l’analogia del fatto contemplato dalla legge col fatto speciale di cui particolarmente si tratta ». (pag. 44). Egli distin¬ gueva, in relazione a questi fini, lo studio della Giurisprudenza in fcre parti (Q : « 1. Didattica, che riguarda gli elementi della cogni¬ zione delle norme ; 2. Esegetica, che versa sull’interpretativa ; 3. Polemica, che versa su le controversie ». La prima parte doveva essere a suo giudizio oggetto della scuola ; le altre due del « corso di studi che, dopo conseguiti i gradi accademici della laurea, restano a compiere». E dopo aver dato nel suo commiato dagli studenti le norme degli studi relativi alla interpretazione utilizzando i motivi delle leggi, le decisioni dei Tribunali, le argomentazioni dei Trattati¬ sti e le consultazioni per la verità di illustri Giureconsulti, raccoman¬ dava la conoscenza del Diritto romano «ottimo e autorevole supple¬ mento che, benché privo di forza legislativa, può riuscire un elemento importante della esegetica ». Quanto alla terza parte, cioè alla « Po¬ lemica » quasi nulla egli voleva aggiungere nell’epoca di una Giuri¬ sprudenza nascente, e si limitava a dire ai suoi discepoli : « l’espe¬ rienza particolare vi istruirà col progresso del tempo e non rimar¬ rete esitanti se sarete periti nell’esegetica ». E concludeva il commiato auspicando il felice successo della carriera dei suoi discepoli, ed augu¬ rando, con quella fede patriottica e liberale cui non venne mai meno, (1) Voi. VII, parte I, pag. 97-98, § 260-261. ( 41 ) GIAN DOMENICO ROMAGNOSI 507 che, «seguendo gli impulsi di un Governo (pag. 101, § 274, 1. c.) forte e liberale, potessero cooperare alla gloria d’Italia ». Più completamente egli sviluppava i suoi concetti (Q nel « Sag¬ gio fìlosofìco-politico sull’istruzione pubblica legale » pubblicato nel 1807. In questo « Saggio » egli delineava con precisione il coordi¬ namento organico di tutti i particolari insegnamenti della istruzione pubblica legale, indicando come si debbano armonizzare fra loro i periodi dell’istruzione e da quali studi preparatori di storia, geografia, lingua latina, psicologia e logica, gli studi legali debbano essere pre¬ ceduti. Dopo la preparazione mediante questo vital nutrimento spirituale, si doveva iniziare lo studio propriamente giuridico com¬ binando la teoria filosofica del diritto colle sistematiche disposizioni positive delle leggi. Perciò in ogni Scuola l’economia dell’insegna¬ mento doveva a suo giudizio essere così ordinata e graduata : pre¬ nozioni ; trattazione propria del soggetto ; applicazioni. Nell’or¬ dine della trattazione egli non volea seguita materialmente la partizione di un Codice. Nell’ordine scolastico allora ancor pre¬ valente, egli giudicava soverchia la partizione degli insegnamenti dello stesso sistema, ma trovava meritevoli di approvazione e di continuazione gli esercizi scolastici. Non esisteva (pag. 1187) a suo parere la necessità di « introdurre tre o più professori che, dividen¬ dosi materialmente fra loro i libri del codice, guidino con disordine e con disgusto le giovani menti degli allievi per mezzo del labirinto delle disposizioni particolari, disperdendone e stancandone l’atten¬ zione fra i rottami dei Titoli e degli Articoli, unicamente perchè così fu ordinato duecentotrent’anni fa, e praticato ottocento e più anni addietro ». E finiva dicendo : « Qual meraviglia se, dopo ciò, abbiamo casisti e non giureconsulti, e se oltre misura si affastellano autorità di scrittori e decisioni di tribunali in luogo dei principii e delle regole di Diritto ? » E certamente era ispirato da lui (Q il Decreto del 16 giugno 1810 del Gran Giudice, Ministro della Giustizia, che istituiva le Scuole speciali di Diritto pubblico e commerciale nei rapporti dello Stato cogli Stati esteri, e di Legislazione civile e cri¬ minale nei suoi rapporti colla amministrazione pubblica. (1) Voi. VII, parte II, pag. 1139-1187. (2) Voi. cit., pag. 1291-1292). 508 E. CATELLANI ( 42 ) Fra il 1807 e il 1808 egli avea compilato il Progetto di Regola¬ mento degli studi politico-legali per il Regno d’Italia (*) seguito (pag. 1227-29) dal « Prospetto delle materie di Diritto Civile » e (pag. 1230-33) dal « Piano di disciplina ». Il corso politico-legale doveva essere di tre anni ; le materie : diritto civile, procedura civile, diritto e procedura penale, diritto commerciale, diritto costituzionale del Regno, regole di Notarla e di altri uffici civili, cioè cancellerie nelle loro diverse ramificazioni : polizia municipale ed eloquenza del fóro. Dopo aver ottenuti i gradi accademici, gli aspiranti ad alte cariche avrebbero dovuto compiere nella capitale gli studi superiori di legi¬ slazione, di amministrazione interna e di diplomazia. Nel Progetto di Romagnosi, dopo la enumerazione delle materie di insegnamento e 1 indicazione della loro distribuzione, erano ( 1 2 3 ) date anche regole minute circa il metodo generale delle lezioni. Il professore doveva « esporre quei principi fondamentali e somministrare la, notizia di quei libri senza dei quali sarebbe difficile che gli allievi potessero in breve istruirsi nella dottrina rispettiva », astenendosi « da quelle subalterne e minute particolarita, le quali da ogni studente erudito dalle buone istruzioni elementari possono essere dedotte o scoperte senza il soccorso di alcun maestro ». Al professore doveva incombere anzitutto il compito di preparare la mente dei principianti allo stu¬ dio della sua disciplina ; di esporla poi con chiarezza riassumendone una storia critica dello sviluppo rispettivo, ed infine di addestrare gli allievi con esercitazioni scolastiche circa le quali erano date indi¬ cazioni del metodo da seguire nelle singole materie, In relazione a tali compiti dell’insegnante, erano date nel Titolo IX del Progetto le norme da applicarsi per provvedere alle cattedre vacanti e quelle relative alla disciplina dei professori ed all’ordinamento delle Bi¬ blioteche. Agli studi superiori di perfezionamento dianzi accennati era provveduto colla Scuola di Alta Legislazione del cui funzionamento faceva prova il rapporto (») presentato da Romagnosi al Gran Giudice circa l’insegnamento da lui impartito nell’anno 1810 e circa quello (1) Voi. VII, parte III, pag. 1191-1226. (2) Titolo IV, pag. 1194. (3) Voi. VII, parte II, pag. 1319-1345. m GIAN DOMENICO EOMAONOST 509 riservato abatino 1811 . Egli notava in quel rapporto che nnsegna- iDci'ito nuli doveri in quella scuola riferirsi tanto alia « esposizione materiale e positiva deli una o ilei] altra Legista/io ne, quanto alla, dottrina eminente e di risultato che eongiunge lo spirito di tutte le leggi e fa risultare una terza scienza complessa e propria, che serve uir&imuiii istruzione eminente dello Stalo » [pag, 1321-2), Ad una riassuntiva trattazione generale succedeva quella speciale relativa al buon governo in genere ; al buon governo del Regno ; alla divisione delle attribuzioni di governo; al potere cui compete l'Alta Lego dazione ; al metodo della trattazione speciale . agli oggetti della or¬ ganizzazione amministrativa : ai suoi dipartimenti ed alle materie relative al Buon Governo, spechilizzando sui vari! rami dello sue funzioni. Con quel Rapporto si collegava il Discorso sul soggetto 0 sulla importanza dello Studio dell 1 2 Alta Legista idonnB pubblicato ( l ) a Milano nel 1812, dove, riferendosi al concetto della uoptofeMa dì Leibniz, indicava come fine ultimo di quell’in.scgilamento superiore ( In cognizione di fatto e di ragione di quel sistema che dee servire di norma alla legislazione civile e criminale ed alla pubblica arenimi ,-trazione. Questo era considerato come il c ulmine sintetico delTin- ségname|rto superiore, pèrche per sudi li sfa re. ai molteplici fini a cui deve ! elidere V istruzione pubblica legale, è net ansarla la dottrina, teorica si fa zio uri le chi- positiva della - scienza dell'Alta Legislazione - <■ quindi u tutta la dottrina storica che h precede e la precettiva- che la segue ». Di questo coronamento dell' ordine degli studi superiori egli si preoccupò costantemente lino al termine della esistenza del primo Regno d'Italia p finche durarono le sue funzioni didattiche e consulti ve, come ne fanno fede i ■ Prolegomeni dell A4 Ita Legisla¬ zione >i che furono oggetto del suo insega a mento nel la imo 1812-1813, Determinando il fine ili tale scuola speriate, egli diceva (“ J ) riie v l'in- (i')tzimu' di questo nuovo studio si v di fare uscire e porre in evidenza quid l’occulto legamo che unisce i rami ili versi delle leggi e dei rego¬ lar] \ctj ti, onde applicarne con cognizione di causa e con giusta propor¬ zione le particolari disposizioni *. "Da questa scienza pertanto ri- (1) !... e., png. 1275-1287 £ 1272. (2) Prolegomeni delTÀItJj Luglalarione. - Voi, VI 3, parte IIj pag, 335IÌ. 520 K, CATBLLAJO ( 44 ) -udta lo spìrito emrut-ìtir che t ■optiti liso e la vera giurisprudenza », 11 soggetto di questo studio e *y la scienza dei principi ì e delle regoli* dietro le quali, nell'attuale sistema di governo, si debbono reggere \ divelli rami rii diritto e di pubblica amministrazione considerati nelle loro scambievoli relazioni onde determinare quanto cospirino al l'unico fine contemplato dalle leggi e dai regolamenti, i quali si debbono considerare come mezzi a produrlo ». Considera poi Ir personalità d»l Lo Stato studiata come parallelo nel mondo alla personalità dell'individuo nello Stato ; le funzioni dello Stato come ina ni festa zi mie di una personalità vivente e imperante.; il concetto della pubblica amministrazione e la qualifica di -pt». Ad evitare tale deeadi- menio multo contribuiscono l 3 organizzazione della pubblica, animi migrazione e la sua funzione educativa, perchè (pag. I 1113) u la puh- Idica istruzione ed educazione è un bisogno incessante ed, imperioso come q u e I lo del I a I i m cu to g i or t iati c rr > per il fìsico u ina no ; ta I c he ogni intervallo so vere linimenti ■ protratto nuoce primaTÌ amente, albi, potenza dello Stato ed al benessere dei singoli. come nuoce la ecces¬ siva scarsezza »> la mancane di ali mento al fisico umano w. lutto ciò dimostra Gir la attivitR [di maestro corrispondeva rosta ri temente ed integralmente in Gian Domenico Romagnoli al suo [jentiero ili filosofo h di giurista f alla sua attività di pubblicista, l utici nell opera sua ò coordinato in un sistema governato dai prin- j’dfui fondamentali del diritto e dalle leggi di sviluppo della vita sin- Kohi-e e sodale degli individui .• dei popoli. Perciò le sue generftltsffia- ziojii non sono vaghe c indeterminate, ma rigorosamente sintetiche; m GI A N DGMENiro ROM ANNOSI 511 r le sue trattazioni fipwiali non sono grette e unilaterali,, ma coìlegate inaiamo intorno agli stessi sommi principi olio lo governami, Questi prepi risultano nel suo insegnamento e nel suo piano di oi^amento dogli studi e si manifestano in tutte le opere sue : in quelle scienti¬ ficamente sistemati elle nelle quali non sono timi [.ramni rati i problemi delle applicazioni particolari, ed in quelle monografici] e e professio¬ nali nelle quali l’argomentatone particolare si ricollega Sempre ai «omini prineipii fondamentali- Per apprezzare i pregi di queste ul¬ time produzioni me, basta considerare alcune delle me ■■ Allegazioni in cause celebri :■► ('). In primo luogo la Memoria del 1795 (pag. 875- 1060) per Pietro Giovanni Antonio De Mar bini nella causa v ^ • 0W